Romano Raffaele
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Raffaele Romano è un pittore siciliano, nato a Comiso nel 1944 e residente a Milano. Si diploma nell’ Istituto d’Arte di Comiso (Ragusa), nel 1963 e lascia subito la sua terra. Per dieci anni gira i paesi d’Europa alla ricerca della propria parola, prima di stabilirsi a Milano.
Roma, Firenze, Monaco, Amburgo, Oslo, Stoccolma sono le tappe più importanti dove Romano si è fermato per ascoltare le lezioni dei grandi maestri del passato e del presente, senza discostare mai l’orecchio dalle lezioni di vita che vengono dagli uomini, dalle grandi migrazioni di lavoratori. Raffaele Romano ha seguito con l’occhio e con il cuore i movimenti di questi moderni nomadi costretti a continui spostamenti per seguire i nuovi insediamenti delle catene di montaggio.
Particolarmente importante è stato il suo soggiorno a Parigi, dove ha potuto entrare in contatto diretto con i maestri della pittura moderna: Picasso, Chagall, Matisse, Rouault. Nel primo periodo della pittura di Romano ci sembra di scorgere le tracce dei maestri del naif; composizioni sapientemente ingenue, ma di un’ingenuità rude e triste, quale è sempre l’ingenuità dei poveri con i quali Romano combatte le asprezze della lotta per la sussistenza quotidiana. L’ironia salva dalla disperazione l’artista e le sue creature. La pittura di Romano non nasce da tormentate ricerche di laboratorio, ma direttamente dalla sua sofferta esperienza di vita, dal suo compartire la sorte di uomini che lottano per poter vivere o sopravvivere.
Una vena segreta lega le acqueforti di Romano ai “Desastres de la guerre” del grande maestro spagnolo dell’ottocento, Goya. La stessa forza, lo stesso sdegno, la stessa ironia, la stessa tenerezza, la stessa solitudine dell’uomo. La serie degli “emigranti“ costituisce un grande poema epico che Romano dedica con passione a queste masse erratiche in cerca di sostentamento.
A Milano, dove si stabilisce nel 1968, Romano ha collaborato con grandi artisti, come Fausto Melotti ed Eugenio Tomiolo. La sua tecnica si evolve di giorno in giorno, fino a diventare uno dei più grandi acquafortisti italiani d’oggi. La sua pittura si affina, acquista toni meno rudi, più delicati, ma senza perdere incisività. Il travaglio di vivere, dell’umano vivere, resta sempre al fondo della sua ispirazione. La sua arte si arricchisce di tematiche nuove o di variazioni su vecchi temi, come la Sicilia. La Sicilia quale scenario della vicenda umana.
Sui mostri di Villa Palagonia, a Bagheria, (parte delle opere sono state esposte nel 2015 alla galleria Studio 71 di Palermo) la cui suggestione aveva già attirato l’attenzione di grandi pittori come Picasso e Guttuso, Romano ha realizzato un lavoro enorme, sorprendente; sorprendente per qualità e per mole. Acqueforti, disegni, oli su tela; decine e decine di opere nelle quali ha cercato di sviscerare il mistero di una terra dove la ragione e la follia, gli dei e gli uomini, i briganti spietati e la gente mite come la ginestra e solitaria come l’agave, si sono aggrovigliati attraverso i secoli per dare vita a espressioni di rara bellezza e di acre disperazione.
La pittura di Raffaele Romano è un canto a questa Sicilia, ricco di accenti e di tonalità, il meno convenzionale, il più coerente con la terra - e con l’uomo di questa terra - che sia mai stato creato da pittore.
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